Monday, November 8, 2010

IL SIGNIFICATO DEI TATUAGGI- OLD SCHOOL PARTE SECONDA

Dadi: Per sua natura il gioco dei dadi tende a fare affidamento più alla fortuna che al talento del giocatore.
Come tatuaggio simboleggia metaforicamente la vita: così come giocatori non possiamo determinare o predirre i numeri che risulteranno dopo aver lanciato una coppia di dadi, allo stesso modo, non possiamo predirre il futuro in un universo estremamente capriccioso e mutevole.
Sembra che, a volte, sia nella vita così come nel gioco d’azzardo, sia molto più importante essere fortunati che di talento J
Malgrado questo, il tatuaggio dei dadi può anche essere semplicemente un simbolo di fortuna: se ne viene tatuato uno simboleggia un buon augurio o “buona fortuna” e nella vita, come ho già scritto, sembra servirne davvero una buona dose J
Spesso il tatuaggio dei dadi viene associato ad altri disegni come le carte da gioco, le pistole, la bottiglia di alchool o donne in pose da pin up, proprio per evidenziare che il gioco, assieme ad altri vizi, possono essere la rovina di un uomo.
L’espressione “tirare i dadi”, implica prendersi un rischio: il risultato è sconosciuto ed è al di sopra del controllo dell’individuo, ciò implica che il risultato del dado lanciato è lasciato interamente nelle mani del fato e della sorte.
Similarmente l’espressione “il dado è tratto” significa che nel momento in cui è stato agitato e lanciato, il risultato sarà indeterminabile

TESCHIO:  I teschi sono rappresentati in quasi tutti gli stili di tatuaggio.
Jolly Roger
Nei tatuaggi nautici con il “Jolly Roger” ovvero la bandiera nera dei pirati con , al centro, il teschio e le ossa incrociate, nei tatuaggi old school, nei new school, nei bio-meccanici e in tutti gli altri generi di tatuaggio possibili.
La prima cosa a cui si pensa guardando un teschio è sicuramente la Morte e di questa, il teschio, ne è universalmente il simbolo.
Ma ci sono variazioni sul tema:
In molte culture il teschio è innalzato a promemoria della nostra condizione mortale o come dicevano i latini “ a memento mori”, un ricordo di mortalità.
Nella cultura cristiana invece, il teschio è simbolo di eternità, pentimento, di vanità umana e quindi un sollecito a percorrere la retta via.
Nei dipinti medievali religiosi veniva dipinto il teschio di Adamo adagiato alla base della croce di Cristo simboleggiando la redenzione.
Un antico simbolo che vede un serpente avvinghiarsi al teschio indica conoscenza e immortalità, mentre il serpente dentro il teschio simboleggia la conoscenza che sopravvive alla morte.
Molte grandi opere del Rinascimento contengono teschi, così come sono contenuti in  molti ritratti di santi, cardinali, papi, re e regine  come memento, appunto, di vivere una vita virtuosa.
Storicamente il teschio era un simbolo popolare di trionfo su un nemico e un avvertimento per gli sconfitti in battaglia.
Collezioni di teschi venivano impilate dai vincitori nelle piazze pubbliche, sia come un’ovvia dichiarazione di vittoria ma anche come monito per i vinti.
Il teschio, o Totenkopf, era l’insegna dei nazisti durante la seconda guerra mondiale.
In Nuova Guinea i teschi venivano posizionati fuori dalla capanna del medico a ricordo che la morte è sempre presente nella vita.

Ma il teschio può anche diventare ironico e divertente:

Calavera
 In Messico ci sono i cosidetti "Calaveras": teschi decorati e colorati con i colori più vivaci e sgargianti, scheletri vestiti con piume multicolore e cappelli; durante il giorno dei morti "el dia de los muertos", si possono mangiare piccoli teschi colorati fatti di zucchero e cioccolato: è un modo per celebrare la Morte, ma soprattutto la vita. Ridere di ciò che più temi è l’unico modo per esorcizzare una paura e vivere al meglio.

Si possono trovare teschi anche nel buddismo e nell’induismo: il signore della morte della religione buddista, chiamato Yama, ha 5 teschi attorno alla sua testa, che significano la conquista della rabbia, dell’avidità, dell’orgoglio dell’invidia e dell’ignoranza, mentra Kalì la dea Indù della morte indossa una collana fatta di teschi.



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